Letteratura a puntate?


Da un po' di tempo a questa parte mi sono trovata a chiedermi: come si potrebbe rendere la letteratura fruibile da un pubblico più vasto? Inutile negare, noi italiani non siamo un popolo di lettori e il numero di coloro che dedicano tempo alla lettura cala di anno in anno. Parte della responsabilità è da imputarsi a una società che si fa sempre più frenetica, impedendo alle persone di trovare il tempo per smarrirsi tra le pagine di un buon libro. Altra parte della responsabilità – se così si può definire – è da imputarsi ad altre forme di intrattenimento che hanno saputo evolversi, adattarsi e reinventarsi rimanendo attuali e accattivanti. La terza parte di responsabilità – la più consistente della stessa – va al mondo della letteratura stessa che non ha saputo fare altrettanto.

La cultura è una “cassetta degli attrezzi” che ci fornisce i mezzi adatti per interagire con il mondo che ci circonda. Questa è la definizione di cultura che qualsiasi persona abbia mai messo mano a un libro di antropologia si è trovata ad affrontare almeno una volta.

Il linguaggio dal canto suo, in quanto forma di comunicazione simbolica, è definibile come un “dispositivo generatore di cultura”, sempre da definizione antropologica.

Da ciò ne conviene che scrivere non è semplicemente un “trasmettere cultura” ma un “generarla”. Affinché questo avvenga in maniera efficace, bisogna che ciò venga fatto in un formato fruibile ai più.

Allora diviene inutile arroccarsi nella convinzione che il romanzo sia la formula migliore poiché no, una persona che non ha la passione per la letteratura non lo troverà mai il tempo di leggere un romanzo. È questa la categoria a cui si deve puntare, che si deve raggiungere, non quella degli appassionati: quelli non hanno bisogno di sproni.

Coloro che non leggono lo fanno spesso per il fatto che andare in libreria, scegliere un libro, portarlo a casa e sfogliarlo, leggerlo con costanza e attenzione porta via una quantità di tempo che, per lo meno a chi non è appassionato, pesa.

Allora come si può arrivare a coloro che di norma non leggono?

Possiamo provare a fare una similitudine con un'altra forma di intrattenimento, un altro “dispositivo generatore di cultura”: la cinematografia. Fermiamoci a riflettere su quale crisi abbiano dovuto affrontare i cinema negli ultimi anni. Ad andare regolarmente al cinema a vedere un film è rimasta una cerchia ristretta di appassionati, le sale piene di gente di qualche anno fa non si vedono più. Quando ci si è reso conto che la frenesia della vita aveva portato via il tempo da dedicare a seguire due ore di pellicola si è valutata una nuova opzione: la serie televisiva. La storia in questo caso viene frammentata in episodi da circa mezzora ciascuno, rilasciati a minimo una settimana di tempo l'uno dall'altro. Si è scoperto così che molte più persone si accostavano allo schermo per seguire quelle storie, appassionarsi alle stesse, attendere con trepidazione il proseguo che avrebbero avuto modo di gustare solo più in là, dopo del tempo. Un'attesa fatta di confronto, congetture, speculazioni scambiate sui social network o tra amici al pub, che alimenta la risonanza mediatica che ha quella storia.

Il futuro sono le piattaforme come Netflix, non il cinema, non più.

Forse, con i dovuti accorgimenti, anche la letteratura potrebbe compiere una simile evoluzione, svecchiarsi dalla lungaggine obsoleta e - per la maggior parte degli italiani - tediosa che l'ha sempre rivestita. Perché pubblicare un romanzo tutto assieme? Perché non avere una piattaforma sulla quale seguire i propri autori preferiti settimana per settimana, capitolo dopo capitolo? Generare suspance e attesa con tutto il dialogo che vi gravita attorno, potrebbe avvicinare alla lettura anche il lavoratore che per leggere ha appena venti minuti di percorso in tram per arrivare all'ufficio.

Prendersi una pausa per accomodarsi e aprire un libro è sacrosanto, nessuno penso avrebbe da ridire in merito, altrimenti non saremmo appassionati e non saremmo qui a parlarne. Ma il libro non può più essere l'unico formato di narrazione scritta di una storia, così come il film non può essere l'unico formato di narrazione multisensoriale della stessa.

Forse frammentando riusciremmo a raggiungere più persone, affidandoci a una forma di comunicazione più immediata e fruibile all'istante rispetto a quella fornita dal libro come lo concepiamo ancora oggi.

Qualsiasi altro “dispositivo generatore di cultura” - compresa la musica, per prima la musica – si è adattato al cambiamento del ritmo del mondo, evolvendo e rimanendo attuale anche oggi. Perché la letteratura non dovrebbe farlo? Forse sarebbe il caso di scrollarsi di dosso l'aura di elitarismo che la accompagna e scendere nelle strade, nelle pause caffé, nelle fermate degli autobus, nei vagoni della metropolitana. Forse sarebbe il caso di cominciare a pensare di pubblicare “libri a puntate”: dopotutto il mondo del fumetto lo fa da sempre e non è una forma di narrazione inferiore in alcun modo alla scrittura. E ha sempre funzionato.

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